TUTORIAL
Siamo noi a dirti come fare
Siamo noi a dirti come fare
Un errore che molti tendono a commettere è quello di pensare che installando un sistema di rilevazione gas si possa ritenere l’impianto sicuro. Questo approccio non solo è pericoloso ma è assolutamente lontano dalla realtà. Una azione così semplice, da sola, non può rendere sicuro un impianto; La sicurezza di una installazione comincia dal progetto, dalla scelta dei materiali, da una buona esecuzione dei lavori e per finire dalla messa a punto di procedure di esercizio sicure che prevedano operatori addestrati e competenti.
E’ solamente mediante la metodica e ostinata applicazione di queste semplici regole che un sistema di rilevazione gas può effettivamente migliorare la sicurezza complessiva di un impianto industriale. Il ruolo fondamentale per un sistema fisso di rilevazione gas e quello di essere un di un sistema di sicurezza.
Durante le normali attività di processo il sistema di rilevazione non dovrebbe mai essere attivato ma deve semplicemente limitarsi a fare da sentinella controllando 24 ore su 24 l’atmosfera alla ricerca di un evento anomalo indicante un possibile guasto dell’impianto o conseguenza di una azione non corretta che potrebbe avere conseguenza potenzialmente pericolose.
Partendo da questa prima considerazione, è possibile determinare il secondo compito per il sistema di rilevazione gas, ossia quello di segnalare tempestivamente la presenza dell’ evento anomalo, in modo da consentire una rapida azione di messa in sicurezza dell’impianto, prima che la dispersione dei gas o dei vapori possa portare gravi conseguenze.
Un sistema di rilevazione gas del tipo immaginato per un impianto industriale, non dovrebbe essere utilizzato per il controllo del processo, dato che questo compito deve essere assegnato ad un analizzatore di processo.
La possibilità che il sistema di rilevazione gas possa essere utilizzato abitualmente dal personale per le normali operazioni di processo, costituisce un rischio molto elevato. In una simile eventualità il rischio che un evento anomalo o potenzialmente pericoloso passi inosservato, confondendosi nella massa di informazioni legate al processo è molto alto.
Non esiste una regola esatta o una formula matematica che definisca il corretto dimensionamento di un impianto di rilevazione gas. È chiaro che maggiori sono le dimensioni del sistema di rilevazione, a parità di volume da proteggere, maggiori saranno le probabilità di scoprire anche una piccola perdita di gas tossico o infiammabile e minore sarà il tempo necessario per la rilevazione. Questa logica comunque, non può prescindere dalla valutazione dei costi di realizzazione del sistema stesso e di quelli necessari al suo mantenimento. Un compromesso tra le prestazioni di un sistema ed il suo costo diviene perciò necessario.
La definizione di un tale compromesso è soggettiva, può essere basata su diversi fattori come ad esempio:
In realtà la decisione finale sul dimensionamento dell’impianto da installare dipende dalla combinazione di tutti questi fattori.
Valutazione dell’ area
Ogni grande complesso petrolifero o impianto oil/gas è unico nel suo genere e anche se simile dal punto di vista del processo di produzione, ogni luogo è così differente che in fase di progettazione, per la scelta dei componenti e su come operare, si rende necessaria, od almeno auspicabile, la consulenza del personale di impianto per decidere l’entità e l’ubicazione del sistema di rilevazione.
Questo si rende ancor più necessario se la scelta la per distribuzione dei sensori sia basata su una soluzione perimetrale a matrice o per volume.
Decidere cosa è essenziale
Come già precedentemente esposto, i limiti imposti da considerazioni economiche e di ingegneria, fanno si che i sensori fissi vengono installati in modo da rilevare accumuli di gas che possono generare situazioni di “Alto rischio”.
A questo punto bisogna prima di tutto dare una definizione esatta al concetto di “Alto rischio”. Anche se in merito le opinioni possono essere diverse, una definizione comune potrebbe essere: “ evento in grado di produrre gravi danni agli impianti o edifici e provocare vittime o feriti tra la popolazione “.
Nell’industria petrolchimica per definire un parametro oggettivo si fa riferimento all’energia rilasciata dalla deflagrazione di una nube di gas del diametro di 5 metri costituita da una miscela stechiometrica di aria e gas infiammabile. (ad es. 10%v/v di gas naturale ad alta concentrazione di metano)
Và ricordato che è sufficiente una sovrapressione di circa 150 millibar all’interno di un edificio normale, per arrecare danni alla struttura.
Seguendo questo approccio, in una zona considerata ad “Alto rischio” la condizione ideale sarebbe quella di posizionare un sensore di gas secondo una matrice triangolare ad ogni 4 metri.
Oltre al rischio per i gas infiammabili dei molti idrocarburi trattati all’interno di un complesso petrolchimico, è anche importante considerare il rischi dovuto alla presenza di gas tossici come l’acido solforico, in fatti quando la concentrazione volumetrica di H2S in un impianto gas ad alta pressione supera i 500 ppm l’area deve essere considerata ad Alto Rischio un dal punto di vista di tossico.
I fattori che dovrebbero essere presi in considerazione nel determinare le ubicazioni più appropriate per i rilevatori possono essere i seguenti:
Stiamo esaminando un luogo al coperto?
Luoghi chiusi con ventilazione forzata impongono una scelta precisa per il posizionamento dei sensori, è fondamentale valutare attentamente i movimenti d’ aria, utilizzando eventualmente un fumogeno per meglio valutare le correnti d’aria o i possibili punti di accumulo.
Il monitoraggio all’ aperto comporta problematiche molto differenti, dato che i movimenti d’aria sono determinati prevalentemente dalle condizioni atmosferiche, direzione e velocità del vento e pertanto poco prevedibili.
In questi casi potrebbe essere vantaggioso l’impiego di rilevatori ottici lineari almeno per quelle sostanze per la le quali questa tecnologia è applicabile.
Quali sono i possibili centri di pericolo?
Ogni interruzioni lungo le tubazioni che trasportano il prodotto, Giunzioni, Flange , Valvole ecc. costituiscono un potenziale punto di perdita, ma anche pompe, compressori, riduttori di pressione, manometri e tutte quelle parti dell’ impianto sottoposte ad grandi escursioni di temperatura e alti livelli di vibrazione sono da considerare come punti a rischio.
Tubazioni o parti di impianto rivestite o protette per il contenimento di eventuali spanti, possono aumentare le condizioni di pericolo in caso di perdita di prodotto, in questi casi è buona norma prevedere un punto di rilevazione in prossimità del punto di raccolta degli spanti.
Rischio di perdita di vapori ad alta pressione?
Fughe di Gas da valvole e flange dove è la pressione può essere di 2-3 bar formano nubi di gas/aria che si diffondono in modo turbolento nell’ambiente circostante, esaurito l’ effetto di jet dovuto alla pressione, la nube di gas raggiunge la sua densità neutrale e inizierà a spostarsi secondo il moto d’aria prevalente.
Un comportamento del tutto opposto si ha nel caso di dispersione di nubi di vapore formate dall’evaporare o liquidi aventi basso punto di evaporazione, per esempio propano liquido e butano.
Queste nubi di vapore rispettano le leggi della densità e fluiscono come nubi concentrate e pesanti, influenzate dalla topografia del luogo e dal moto d’aria prevalente
In queste condizioni i punti di maggior pericolo sono costituiti dai tombini, dalle fognature e in generale da tutti quelli spazi in cui il gas, più pesante dell’aria, si può infiltrare e creareo un situazione di accumulo che a volte può avvenire anche in zone molto distanti dal punto in cui è avvenuta la perdita.
Questi eventi, assai meno evidenti, possono comportare in molte circostanze, rischi di esplosione decisamente più elevati rispetto alle fughe ad alta pressione.
Quest’ultime infatti tendono a diluirsi rapidamente, disperdendosi nell’ambiente grazie al moto d’aria prevalente.
I movimenti e la direzione dell’aria costituiscono un fattore importante in entrambi gli scenari, per questo motivo la possibilità di conoscere direzione e intensità del vento, potrebbe rivelarsi un fattore determinante per la prevenzione di incidenti.
A tale scopo l’installazione di una centrale metereologica locale o più semplicemente una manichetta a vento è sicuramente auspicabile.
Da decenni il sensore più utilizzato per la rilevazione di gas infiammabili è sicuramente il sensore catalitico o meglio noto come pellistore, a tutt’oggi può essere considerarto come il cavallo da battaglia per questo tipo di applicazioni. Il problema fondamentale da tenere sempre presente quanto si utilizza questa tecnologia, consiste nel fatto che il catalizzatore può ‘avvelenarsi’ se viene esposto a particolari sostanze come ad esempio siliconi, alogenati ecc. Queste sostanze tendono ad inibire l’effetto del catalizzatore riducendo considerevolmente la sensibilità del sensore. Per quanto i moderni pellistori siano molto più resistenti, nei confronti di questo effetto, resta il problema che questa tecnologia non consente di determinare con certezza l’efficienza del sensore.
Per questo motivo quando si utilizzano i sensori catalitici è buona norma pianificare un programma di manutenzione nel quale si preveda la verifica dei sensori con scadenze regolari mediante l’impiego di gas di test.
Questa tecnologia si basa sul assorbimento di un fascio di luce nella banda dell’infrarosso e rappresenta una alternativa ai pellistori per la rilevazione di gas infiammabili. Questa tecnologia offre una vita potenzialmente lunga, un buon tempo di risposta e la possibilità di eseguire una efficace autodiagnosi del sensore. Il principio di funzionamento di questi sensori sfrutta il fatto che molti idrocarburi assorbono radiazione infrarossa nella banda 2.3 o 3.3 micron, corrispondente alla frequenza armonica o fondamentale di vibrazione del legame C-H. Il sensore misura la quantità di radiazione assorbita a queste lunghezze d’onda da un volume di gas e questo assorbimento è direttamente correlabile alla quantità di idrocarburo presente.
Nel corso di questi ultimi 20 anni questa tecnologia è andata sempre più affinandosi, attualmente sono disponibili dispositivi lineari ‘Open Pat’ (LOS) che utilizzano un fonte di infrarossi modulata e consentendo una portata fino a 150 metri tra emettitore e ricevitore.
Questi dispositivi, funzionano come una micro cella a combustibile autoalimentata, il gas attraversando una membrana a diffusione raggiunge un elettrodo permeabile al gas, immerso in un elettrolita acido generando una debole corrente elettrica. La grande limitazione per questi sensori è costituita dalla temperatura di funzionamento, che per questi dispositivi non può superare i 40 °C. Pertanto questi sensori sono utilizzabili solo in condizioni ambientali con climi moderati e bassi tenori di umidità.
I sensori a semiconduttore possono essere una buona alternativa alle celle eletrrochimiche. Questi sensori funzionando a temperature interne elevate pertanto possono essere impiegati senza problemi anche in condizioni ambientali dove la temperatura può superare anche di molto i 40°C, sono meccanicamente molto robusti e hanno una vita di funzionamento molto lunga.
Quando si deve realizzare un nuovo impianto di rilevazione gas o si deve adeguare un’installazione già esistente, considerazioni finanziarie porteranno necessariamente a scelte di compromesso, è importante in questa fase determinare le esigenze essenziali, per il sistema mediante la valutazione critica dei fattori di rischio al fine di ottimizzare le scelte sul numero di sensori da impiegare e sul loro posizionamento.