TUTORIAL
Siamo noi a dirti come fare
Siamo noi a dirti come fare
Da decenni il sensore più utilizzato per la rilevazione di gas infiammabili è sicuramente il sensore catalitico o meglio noto come pellistore, a tutt’oggi può essere considerarto come il cavallo da battaglia per questo tipo di applicazioni. Il problema fondamentale da tenere sempre presente quanto si utilizza questa tecnologia, consiste nel fatto che il catalizzatore può ‘avvelenarsi’ se viene esposto a particolari sostanze come ad esempio siliconi, alogenati ecc. Queste sostanze tendono ad inibire l’effetto del catalizzatore riducendo considerevolmente la sensibilità del sensore. Per quanto i moderni pellistori siano molto più resistenti, nei confronti di questo effetto, resta il problema che questa tecnologia non consente di determinare con certezza l’efficienza del sensore.
Per questo motivo quando si utilizzano i sensori catalitici è buona norma pianificare un programma di manutenzione nel quale si preveda la verifica dei sensori con scadenze regolari mediante l’impiego di gas di test.
Questa tecnologia si basa sul assorbimento di un fascio di luce nella banda dell’infrarosso e rappresenta una alternativa ai pellistori per la rilevazione di gas infiammabili. Questa tecnologia offre una vita potenzialmente lunga, un buon tempo di risposta e la possibilità di eseguire una efficace autodiagnosi del sensore. Il principio di funzionamento di questi sensori sfrutta il fatto che molti idrocarburi assorbono radiazione infrarossa nella banda 2.3 o 3.3 micron, corrispondente alla frequenza armonica o fondamentale di vibrazione del legame C-H. Il sensore misura la quantità di radiazione assorbita a queste lunghezze d’onda da un volume di gas e questo assorbimento è direttamente correlabile alla quantità di idrocarburo presente.
Nel corso di questi ultimi 20 anni questa tecnologia è andata sempre più affinandosi, attualmente sono disponibili dispositivi lineari ‘Open Pat’ (LOS) che utilizzano un fonte di infrarossi modulata e consentendo una portata fino a 150 metri tra emettitore e ricevitore.
Questi dispositivi, funzionano come una micro cella a combustibile autoalimentata, il gas attraversando una membrana a diffusione raggiunge un elettrodo permeabile al gas, immerso in un elettrolita acido generando una debole corrente elettrica. La grande limitazione per questi sensori è costituita dalla temperatura di funzionamento, che per questi dispositivi non può superare i 40 °C. Pertanto questi sensori sono utilizzabili solo in condizioni ambientali con climi moderati e bassi tenori di umidità.
I sensori a semiconduttore possono essere una buona alternativa alle celle eletrrochimiche. Questi sensori funzionando a temperature interne elevate pertanto possono essere impiegati senza problemi anche in condizioni ambientali dove la temperatura può superare anche di molto i 40°C, sono meccanicamente molto robusti e hanno una vita di funzionamento molto lunga.